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L'IMMENSO AMORE DI GIUSEPPE PELLIZZA 
 
Il 14 giugno del 1907 il pittore Giuseppe Pellizza è solo nel suo studio di Volpedo e afflitto da un dolore che gli parve sicuramente impossibile da sedare anche con il tempo. Ad un certo punto non riuscì più a sopportare tanta sofferenza e decise di impiccarsi. Aveva solo 39 anni.  
Cos’era accaduto a questo artista nato a Volpedo, un piccolo paese del Monferrato da una famiglia benestante di viticoltori?  
Non furono certo i problemi economici a ridurlo tanto depresso da togliersi la vita perché non ne aveva, ma purtroppo a colpirlo violentemente era stato il sentimento più dolce di tutti: l’amore.  
Giuseppe fin da giovanissimo aveva mostrato un carattere aperto, socievole e con una grande capacità di nutrire sentimenti autentici. Aveva amato moltissimo, ma quanto aveva dato con fiducia in nome dell'amore e con l’entusiasmo della gioventù, alle soglie dei quarant’anni deve essergli sembrato inutile. Sua moglie, la bella Teresa Bidone che lui aveva sposato nel 1892 a 24 anni mentre lei era ancora diciasettenne, era morta il mese prima di parto assieme al figlioletto appena nato. Il suo seppure immenso amore per lei non era riuscito a salvarla. E' poi evidente che anche il suo amore per l'arte deve essergli apparso senza senso e il lavoro fatto, solo uno spreco di energie.  
Di fede socialista e di concezione romantica, egli aveva creduto in quanto affermato da Max che l’opera d’arte doveva contenere sia un fatto sociale che un prodotto indipendente dello spirito e si era impegnato a fondo sorretto da questo ideale da seguire. Pellizza sperava di poter contribuire a migliorare il futuro della classe operaia, però la realtà dei suoi tempi gli si era mostrata sicuramente assai dura. In quel 14 giugno il suo cuore di artista deve aver visto come in un sogno lontano il cambiamento delle condizioni della povera gente a causa della terribile crisi del 1898. Il ruolo sociale dell’artista che aveva pensato fondamentale per cambiare il mondo, non gli parve perciò non più degno di dare uno scopo alla sua esistenza.  
Pellizza da Volpedo era stato un eccellente pittore macchiaiolo, divisionista e con la sua grande tela “Quarto Stato” che mostrava dei lavoratori camminare verso la luce lasciandosi alle spalle il buio, anche simbolista; per fare questo quadro oggi amatissimo dalle forze politiche di sinistra, si era ispirato alla “Scuola di Atene” del grande Raffaello e aveva dato il meglio di sé, tuttavia in quel terribile momento non vide più nello stesso modo di prima la sua opera. Era partito con la tela "Fiumana" nel 1895 dopo il successo dei socialisti nelle elezioni e nei primi anni del Novecento, aveva sviluppato il disegno di questo dipinto nella grande opera "Quarto Stato", ma invece di migliorare il mondo peggiorava qualunque cosa lui facesse.  
Nella solitudine del suo studio deve essersi sentito come svuotato da una illusione amara. Stavano nascendo nuove idee politiche che certamente non gli piacevano per nulla.  
Il movimento artistico Futurista era alle porte e esigeva uomini forti, ma per forti intendevano soltanto con ideali a lui odiosi.  
Giuseppe aveva dato con tanto amore e tanta passione che gli sembrava ora impossibile trovarsi tra le mani solo un pugno di mosche perciò quel 14 giugno 1907, si scordò persino delle sue due adorate bambine: Maria nata nel 1900 e Nerina nata nel 1902, frutto dell’amore di Teresa per lui; purtroppo non pensò ad altro che al suo dolore, così lentamente ma inesorabilmente, si preparò il cappio da stringersi attorno il collo.  
(FAGR 3-12-12)  
Quarto Stato  
 
Fiumana 
 
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