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IL CASTIGO DI CUPIDO 
 
L'amore ha molti aspetti e non sempre viene inteso come premio, gioia o fortuna acquisita, a volte è visto anche come passione causa di calamità per il suo portare le persone ad agire in modo scorretto pur di soddisfare il proprio desiderio. Per questo il dio Eros/Cupido della mitologia Greco-romana, colui che con le sue frecce induce gli uomini all'innamoramento, venne dipinto dagli artisti nel corso dei secoli in modo sempre diversi.  
La leggenda vuole che Zeus, dio di tutti gli dèi greci, ordinò ad Afrodite di uccidere il figlio Eros subito dopo la sua nascita, avendo previsto i guai che il piccolo crescendo avrebbe portato. Venere però non lo fece e lo abbandonò nella foresta, lasciando che venisse allevato dalle belve. Una volta cresciuto, Eros si costruì arco e freccie per incominciare il suo “lavoro”, che fece bisogna dire con grande perizia senza risparmiare nessuno, né la madre Venere né tanto meno “il nonno” Giove. Inutile dire quanto nell'antica Grecia questo dio dell'amore fosse disprezzato e dipinto come creatore di ogni bassezza umana, datosi il disprezzo esistente per la passionalità tra i dotti filosofi del tempo.  
I romani noti per il possedere pensieri meno profondi e astratti di quelli greci oltre che alquanto favorevoli nell'accettare come naturali numerosi istinti bestiali dell'uomo, amarono al contrario moltissimo Cupido, il quale fu considerato da loro un dio di grande importanza e soprattutto benefico. Con l'avvento del cristianesimo egli divenne nuovamente il più odiato tra gli dèi per il suo generare passioni che la Chiesa non approvava. Un esempio dell'astio contro questo piccolo dio dell'amore, sarà il fiorire di temi pittorici dedicati ai castighi di Cupido come avviene in: La punizione di Cupido o Amore castigato, dove appare chiaro il biasimo verso chi si abbandona al volere di Eros. Nel Medioevo il dio dell'amore non fu mai raffigurato in nessuna decorazione pittorica e il suo primo riapparire, avvenne nel Quattrocento ad opera di Piero della Francesca che lo vide completamente bendato nell'atto di riporre le frecce nella faretra, perchè ormai il suo compito viene sostituito dal messaggio del Dio cristiano dell'amore.  
Tiziano durante la sua lunga carriera realizzò un dipinto in cui Venere (completamente vestita per toglierle ogni sensualità), benda il figlioletto in un chiaro contesto in cui l'amore di Eros non è più accettabile. Il dipinto più rappresentativo dell'idea cristiana è: "L'amor sacro e l'amor profano" di Giovanni Baglione (1566-1643), artista caravaggista che dipinse l'Arcangelo Michele in atto di sconfiggere il piccolo Eros, già disteso a terra con le sue frecce spezzate.  
Ben più duro è il dipinto di un'altro caravaggista, Bartolomeo Manfredi (1582-1622) che raffigurò Marte mentre colpisce Cupido bendato con Venere in ginocchio intenta a fermare la sua furia. Nel corso dei secoli seguenti i dipinti aventi per soggetto gli amori degli dèi provocati dalle frecce di Cupido continuarono ad essere creati per il piacere dei committenti e nel periodo Roccocò il piccolo dio si ridusse nelle sembianze di putti gioisi unicamente per far riconoscere la madre Venere tra le tante dame di un quadro.  
Sebastiano Ricci un pittore settecentesco, dipinse però l'Amore di virtù (fanciullo alato con una corona d'alloro sul capo, come indicato nell'Iconologia di Cesare Ripa) in atto di strappare in maniera violenta le piume delle ali di un Eros bendato procurandogli una rovinosa caduta dal cielo.  
Infiniti furono i modi di raffigurare Eros nel corso dei secoli, quanti i concetti che portarono all'era moderna.  
(FAGR 11-11-09) 
 
Piero della Francesca "Cupido bendato" 
 
Tiziano "Venere benda amore" 
 
Manfredi "Il castigo di Cupido" 
 
Sebastiano Ricci "La punizione di Cupido" 
 
Baglione Giovanni "L'amor sacro e l'amor profano"