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PITTURA OMNIA rivista della FAGR
LA PASSIONE DI CARAVAGGIO PER MARIO MINNITI 
 
Che cosa hanno in comune i quadri dell'artista milanese Michelangelo Merisi (1571-1610) meglio conosciuto come Caravaggio: "Fanciullo con canestro di frutta", "Buona ventura", "I bari", "Concerto", "Suonatore di liuto", "Bacco", "Ragazzo morso da ramarro", "Vocazione" e "Martirio di San Matteo"?  
La risposta è un modello la cui sensualità colpisce ancora noi oggi e che a suo tempo, colpì profondamente anche il grande Caravaggio. Il suo nome è Mario Minniti (1577-1640), un giovane pittore originario di Siracusa di sei anni più giovane del maestro lombardo. I due anche se nati in terre lontane e diverse sotto ogni punto di vista, ebbero in comune l'amore per l'arte, il che facilitò di molto il loro legarsi in una profonda amicizia, la quale fu capace di infastidire non poco i contemporanei.  
Entrambi i due giovani pittori furono in cerca di fortuna a Roma negli ultimi anni del Cinquecento. Si conobbero mentre lavoravano per l'artista più di richiamo in Lazio ai loro tempi, ossia Giuseppe Cesari detto Cavalier d'Arpino, oggi famoso solo per essere stato un maestro di Caravaggio. Stanchi di sottostare ai comandi del Cesari, i due insieme decisero presto di lasciarlo e di iniziare a lavorare da indipendenti (si pensa che Caravaggio e Mario Minniti, entrarono a bottega dal Cavalier d'Arpino nel 1593 e vi rimasero due o al massimo tre anni).  
Caravaggio era nato per ribellarsi alle autorità costituite e il Minniti più giovane di età, sicuramente fu soggiogato completamente dalle sue idee. Ciò è provato dalla sua futura arte, in quanto divenne un diffusore del caravaggismo in Sicilia, anche se preferì evitare di provocare apertamente i benpensanti come fece invece il suo maestro e propose un'arte più domestica adatta ai commissionanti siciliani.  
Senza protettori era, allora come oggi, difficile affermarsi nel mondo dell'arte e gli inizi di Caravaggio sempre pronto ad andare contro corrente, furono alquanto tormentati. La sua amicizia con il giovane siciliano destò da subito sospetti di omossessualità e non soltanto perché i due erano inseparabili, ma anche per i quadri che il pittore lombardo cercava di vendere: il modello era sempre Mario e spesso conciato in modo tanto da effeminato da far bollire di sdegno mezza Roma. Il Merisi non riusciva più neppure a girare tranquillo per le strade romane giacché era entrato nel mirino di cittadini poco inclini ad accettare la sua privata convivenza con il Minniti. Era inevitabile che il Caravaggio con il suo continuo provocare i benpensanti, divenisse a sua volta il provocato e se voleva proseguire a vivere e a lavorare a Roma, accettare la protezione che gli venne offerta del cardinale Francesco Maria del Monte, gli fu assolutamente necessario. Tuttavia "l'amicizia" che tra i due pittori durerà tutta la vita (sarà Mario tornato a Siracusa ad aiutare Caravaggio a mettersi in salvo durante la sua rocambolesca fuga da Malta) dava ancora fastidio ai romani e il Merisi verrà provocato fino ad arrivare alla sua rovina completa. Purtroppo nemmeno essere il protetto di un potente cardinale gli garantì la tranquillità, anzi, continuò ad essere apostrofato come un degenato e questo per via della sua totale non curanza verso le apparenze. Con Mario infatti, fece molto, troppo alla luce del sole e questo venne considerato imperdonabile dalla sua società. Nemmeno il del Monte quindi poté impedire che l'odio degli altri facesse il suo corso. Così un giorno in una taverna, accadde quanto era inevitabile accadesse: per difendersi Caravaggio fu costretto ad uccidere un uomo. Condannato a morte in contumacia nel 1599, fu dopo costretto a fuggire da Roma e le sue disavventure continuarono fino alla morte. Anche Mario Minniti ovviamente si vedrà costretto a lasciare Roma. Tornerà nella sua città natale, ma resterà sempre in contatto con il maestro.  
Chissà, se Caravaggio non fosse morto malamente sulla spiaggia di Port'Ercole, i due sarebbero tornati a vivere insieme. La dedizione di Mario per il Merisi fu totale, paragonabile a quella di Francesco Melzi per Leonardo e forse anche di più. Per lui aveva accettato di farsi immortalare in dipinti compromettenti e certamente non ne ignorò mai i pericoli. Non bisogna scordare che la società cinquecentesca mandava a morte gli omossessuali e che ci voleva un gran coraggio a trasgredirne le regole. Mario però di coraggio ne possedeva parecchio e le trasgredì senza farsi problemi. S'infilò fiori nei capelli, mise in mostra le sue spalle per il grande Caravaggio e la storia finì che restò per sempre nella sua Siracusa dove ebbe una vita discretamente lunga, una fiorente bottega con tanti allievi a cui insegnare le tecniche pittoriche dell'amico.  
(FAGR 1-7-12)  
Ritratto di Mario Minniti a 16 anni di Caravaggio