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SIMONE MARTINI 
 
La data di nascita di Simone Martini non è documentata ed è stata ricavata in base all’anno di morte 1344, ed essendo l’artista sulla sessantina, si pensa nato attorno al 1284. Figlio di un artigiano specializzato nel preparare l’arriccio per gli affreschi, e forse anch’egli pittore, Simone Martini divenne l’interprete colto e raffinato dell’ideale cavalleresco che accompagna il declino storico del feudalesimo. Allievo secondo la tradizione di Duccio, subì l’influenza sia del suo maestro che delle opere di Giotto e della sua scuola, e anche delle sculture senesi di Giovanni Pisano. La ricerca di realtà di questo pittore è molto diversa da quella di Giotto, è fatta di poesia, armonia di colori e grazia di composizione, che saranno la base di partenza di quello che sarà detto il gusto Gotico internazionale. Gli storici dell’arte attribuiscono a Simone Martini una straordinaria capacità di eliminare dalle sue rappresentazioni ogni attributo realistico, ma di riuscire ad interpretare e arricchire la realtà con la raffinatezza del disegno e l’armonia dei colori. La ricercatezza degli effetti cromatici nella sua pittura sono tutti ottenuti con l’aiuto dell’arte orafa, di cui Simone aveva grande dimestichezza; egli non esitò ad inserire già in fase della preparazione delle pareti, scalfiture, punzoni, vetri colorati, lamine e materiali di varia provenienza, fino agli smalti traslucidi, per  raggiungere l’effetto desiderato. Come interprete colto dell’ideale poetico cavalleresco, egli seguì il destino degli intellettuali italiani trecenteschi: Dante, Boccaccio, Petrarca (di cui era grande amico), e Cino da Pistoia, sempre in viaggio da una corte all’altra a intrattenere i sovrani e i principi che li proteggevano, e spesso coinvolti nelle loro vicende politiche perché piegati nei ruoli di ambasciatori o uomini di fiducia. Il papa Benedetto XII lo invierà ad Avignone nel 1336, e l’artista vi si trasferirà con la moglie Giovanna (figlia di Memmo di Filipuccio), e il fratello Donato anch’egli pittore, dove potrà consolidare la sua fama nell’ampio scenario europeo. Due suoi lavori declamati come capolavori (considerati l’inizio dell’arte del ritratto individuale), purtroppo sono andati perduti: il ritratto del vecchio cardinale Orsini, che lo stesso prelato voleva mostrare al papa, e quello di straordinaria bellezza di monna Laura, commissionato da Francesco Petrarca, che dedica all’opera dell’amico due sonetti.